PERCHÉ UN CONSULENTE TECNICO FORENSE E NON UN PROFESSIONISTA QUALSIASI?

Dall’esperienza maturata in questi 15 anni di attività specifica, oltreché dalla lettura degli articoli dei codici di procedura relativi al sub – procedimento tecnico giuridico, si rileva chiaramente che:

  1. il consulente tecnico giudiziario, che sia nominato dal Giudice o dalla parte, deve conoscere e saper gestire le regole che governano il sub – procedimento a lui demandato;
  2. idealmente il CTU compie le verifiche demandategli, coadiuvato ed indirizzato dai CTP nominati;
  3. il contraddittorio tecnico avviene sulle verifiche da eseguire e sui documenti di causa; i motivi di nullità della consulenza sono, sostanzialmente, tutti riconducibili alla natura giuridica e non alla competenza tecnica del consulente.
  4. Risulta evidente come, spesso, il Consulente Tecnico in ambito giudiziario intervenga in un momento molto delicato della vita delle parti, che siano esse privati aziende o società di capitali.

Spesso una causa, che sia di natura civile o penale poco cambia, può influire in modo significativo sulla qualità della vita della parte. Nel caso in cui la lite sia riconducibile all’ambito civile l’esito avrà specifiche e dirette ricadute sull’aspetto economico finanziario della parte, sicuramente importante in un periodo di recessione economica, nel caso di vertenza penale, invece, il risultato della vertenza avrà ricaduta diretta sulla disponibilità della libertà personale della parte stessa.

Sembra evidente, anche solo dal breve preambolo esposto, come affidare ad un professionista, che non sia uno specialista del settore tecnico giuridico, metta a repentaglio il buon esito della causa con significative ricadute sulle parti coinvolte e/o sull’Organo Giudicante.

Le considerazioni esposte valgono, seppure con risvolti differenti, sia per la nomina del Consulente Tecnico d’Ufficio che per quella del Consulente Tecnico di Parte. Il ruolo del consulente, indubbiamente, deve essere quello di comprendere i fenomeni tecnici alla base della vertenza, analizzarli secondo la prospettazione delle parti e tradurli ai soggetti, con esclusive competenze giuridiche, che dovranno decidere nel merito la vertenza.

Secondo la lettura effettuata appare lampante come il consulente giudiziario riceva mandato da quei soggetti, Giudici ed Avvocati, competenti in ambito giuridico, ma non in quello tecnico, di tradurre ed esplicare gli aspetti tecnici alla base della lite. La nomina, quindi, non ha lo scopo di risolvere il problema tecnico, come richiesto ad un professionista, ma di comprenderlo e spiegarlo.

Chiarito il ruolo del Consulente Tecnico Giudiziario è evidente come svolgano un ruolo fondamentale nello svolgimento della consulenza:

  1. la conoscenza ed il rispetto delle regole che governano il sub – procedimento;
  2. la chiarezza espositiva, ottenibile attraverso esplicitazione di passaggi logici e tramite l’utilizzo di linguaggio non specialistico, finalizzata a far comprendere i fatti a soggetti che non sono tecnici.

Secondo quanto riportato risulta evidente che quella del Consulente Tecnico Forense sia una figura professionale specialistica dotata di competenze tecniche e giuridiche inerenti al sub – procedimento demandatogli.

Questa prospettazione viene confermata anche dalla lettura del dispositivo attuativo del Codice di Procedura Civile che recita:

all’art. 15. (Iscrizione nell’albo)   “Possono ottenere l’iscrizione nell’albo coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia, sono di condotta morale specchiata e sono iscritti nelle rispettive associazioni professionali.

La materia citata dall’articolo è quella per cui il soggetto è abilitato all’esercizio dal titolo di studio e/o dal superamento dell’esame di stato.

Risulta evidente che, acquisita la preparazione tecnica, la specialità della competenza derivi dalla capacità di gestire un particolare e delicato ambito di confronto qual è la consulenza giuridica.

Il Codice di Procedura Civile, invece, all’art. 61 recita:

“Art. 61. (Consulente tecnico)

Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica”

Dalla lettura dei due articoli risulta evidente come l’esigenza di Giudici e Avvocati sia quella di avvalersi di tecnici che abbiano, oltre alla competenza specialistica derivante dall’attività professionale e degli studi condotti, anche le capacità di governare il sub – procedimento demandato (non si può considerare casuale l’utilizzo degli aggettivi “speciale” e “particolare” accostato al termine competenza tecnica).

  1. la capacità professionale, per un consulente tecnico forense, è un prerequisito necessario ma non sufficiente per svolgere adeguatamente la consulenza (competenza specifica / particolare);
  2. le capacità analitiche ed il rigore logico-espositivo sono, invece, requisiti indispensabili e discriminanti tra un “tecnico” ed un “consulente in ambito giudiziario”;
  3. il professionista conosce la tecnica ed è in grado di confrontarsi con altri tecnici, il consulente è anche in grado spiegare a chi tecnico non è;
  4. Il Consulente Tecnico Forense deve sempre essere in grado di fornire tutti gli elementi al giurista affinché quest’ultimo si possa formare un proprio autonomo convincimento ed eventualmente discostarsi in sentenza dalle conclusioni della consulenza (non svolgendo questo compito il CTU espone il Magistrato al rischio di una sentenza sbagliata, sulla base di conclusioni tecniche o logiche sbagliate ed il CTP espone la Parte al rischio di errore nell’impostazione della causa).

In conclusione, al fine di rispondere con una metafora alla domanda posta nel titolo, si ritiene di poter effettuare un’analogia con il mondo sportivo con cui quello giudiziario, a ben vedere, ha molte analogie.

Ipotizzando di vestire i panni di un allenatore, che debba disputare la partita più importante della propria esistenza in una disciplina specifica, riterrei quantomeno avventato formare una squadra di atleti generici, magari anche dotati di qualità fisiche rilevanti ma specialisti in discipline non attinenti a quella per cui si svolge il match, anziché selezionare veri e propri top player che, oltre ad essere sportivi, conoscano e governino le regole del gioco con la finalità, molto variabile a seconda di chi effettua la nomina, di raggiungere il risultato.